lunedì 11 febbraio 2019

LA RUBRICA DEL MAESTRO OOGWAY

 COME DISCIPLINARE LA MENTE SENZA ABBRACCIARE NESSUN ALBERO.




IMPARARE A DISCIPLINARE LA MENTE E' UNO DEI CAVALLI DI BATTAGLIA DI CHI SI OCCUPA DI SVILUPPO PERSONALE.

MA COME SI CALMA LA MENTE QUANDO TUO FIGLIO URLA O QUANDO SI AMMALA E LA FEBBRE NON CALA , O QUANDO SOFFRI PERCHE' LO STIPENDIO NON TI BASTA AD ARRIVARE A FINE MESE E DEVI MANDARE GIU' OGNI GIORNO LA TUA RAZIONE DI PANE E INGIUSTIZIA O QUANDO DOPO UNA VITA DI SACRIFICI E SPERANZE LA TUA RELAZIONE FINISCE?

LE TECNICHE CHE VEDO IN GIRO E CHE ANCHE IO HO PROPOSTO PER ANNI IN TERAPIA SONO VALIDE MA SPESSO L'ASPIRINA ANTI-STRESS CHE FA EFFETTO AL TUO COLLEGA DI LAVORO E' PER TE COME UNA CARAMELLINA.

QUINDI OGGI TI SPIEGO QUALE E' IL PRINCIPIO ATTIVO CHE DISCIPLINA LA MENTE E CHE FUNZIONA PER TUTTI.
(MA SOLO SE TI ESERCITI E TI APPLICHI)

ORMAI SAPETE TUTTI CHE UNA IPER-ATTIVAZIONE DI EMOZIONI DI UN CERTO TIPO, COME AD ESEMPIO LA COLPA E L'INGIUSTIZIA CREANO UN CORTOCIRCUITO MENTALE ED EMOZIONALE.

CIOE' CONTINUARE A PROVARE LA STESSA EMOZIONE, COME RABBIA , PAURA O VERGOGNA IN UNA COSTANTE ESCALATION  AVVELENA CORPO E MENTE.

CIOE' ?

CIOE' SE STATE LITIGANDO CON IL VOSTRO/A  PARTNER COMPIERETE GESTI APPARENTEMENTE INSENSATI PER CHIUNQUE SIA FUORI DAL RAGGIO DI DISCUSSIONE COME TIRARE PUGNI A POVERI OGGETTI INANIMATI O USCIRE E RIENTRARE A CASA INNUMEREVOLI VOLTE  O GIOCARE AL PING-PONG " MA IO FACCIO COSI' PERCHE' TU SEI COSI'.

CON I FIGLI ALLO STESSO MODO CI COMPORTEREMO COME MACACHI IMPAZZITI TRA UNA PASSATA DI ASPIRAPOLVERE ED UN PIATTO ROTTO IMPLORANDOLI DI METTERSI IL PIGIAMA O DI METTERE A POSTO LA LORO CAMERA.

QUINDI...........COSA FARE?

1) RESPIRARE

2)RESPIRARE UN'ALTRA VOLTA

3) RESPIRARE ANCORA

(SE SEGUITE CORSI ESOTERICI DISPENSATORI DI SEGRETI " CHE NESSUNO SA MA IO LO DICO A VOI " PER SOLI 150 EURO, NON PROSEGUITE LA LETTURA.)

E' TUTTO MOLTO PIU' SEMPLICE.

DOPO AVER RESPIRATO 3 VOLTE.

CI ACCORGIAMO CHE QUANDO PROVIAMO TROPPA RABBIA, DOLORE O QUALSIASI ALTRA EMOZIONE TROPPO FORTE NON FACCIAMO MAI CASO O ORMAI DIAMO PER SCONTATA LA COSA PIU' IMPORTANTE....


                  IL FILM CHE TI STAI FACENDO

SI, PROPRIO COSI'!

SAPETE PERCHE' LE LEVE DI MARKETING PIU' POTENTI FUNZIONANO POMPANDO SULLA TUA  RIVALSA E SUL FATTO CHE POSSIAMO FARE SOLDI E VENDICARCI DI QUESTO MONDO BRUTTO E CATTIVO?

PERCHE' EVOCANO IN NOI UNA IMMAGINE DI RIVALSA , IL NOSTRO CONAN IL BARBARO CHE VINCE  IL MONDO E OTTIENE CIO' CHE PIU' DESIDERA:

TUTTO

MA IL FOCUS SAREBBE UN ALTRO: SAPER GESTIRE LA DIAPOSITIVA DI COLPA E DI INGIUSTIZIA.

MA RITORNANDO AL DATORE DI LAVORO CHE CI FA NOTARE ANCORA UNA VOLTA IL NOSTRO ENNESIMO SBAGLIO O ALL'ENNESIMA LITE TRA MOGLIE E MARITO.

COME CALMARE LA MENTE?

A) RESPIRARE 3 VOLTE.
B)INDIVIDUARE L'IMMAGINE CHE STA "TRIGGERANDO" L'EMOZIONE.
C)SPERIMENTARE L'ANTIDOTO.

HAI VISTO ?
ALLA FINE ANCHE IO HO MESSO IN QUESTO POST:

PRINCIPI DI ESOTERISMO PSICOTERAPEUTICO:
VENEFICI E ANTIDOTI.

VE NE PARLERO' APERTAMENTE.

OGNI IPER-ATTIVAZIONE EMOZIONALE CI CAUSA UN CORTOCIRCUITO COGNITIVO E CI FA AGIRE SECONDO DEI CANONI ISTINTIVI PREMARCATI QUINDI SE PRENDIAMO COME ESEMPIO:

 IL SENSO DI VENDETTA E RIVALSA.

AGIAMO CON IL PRINCIPIO DEL TUTTO O NULLA OVVERO DISTRUGGI O SARAI DISTRUTTO, CONQUISTA O PERDERAI TUTTO.

ARRIVIAMO AL DUNQUE

DOBBIAMO INVECE LAVORARE SULL'IMMAGINE DISTURBANTE DI UMILIAZIONE CHE CI DICE CHE COLPA E INGIUSTIZIA SONO BRUTTE E CATTIVE E CI VOGLIONO FARE STARE MALE E COME SEMPRE "HANNO INIZIATO LORO".

QUESTA IMMAGINE CI RIVELA UN ASPETTO IMPORTANTISSIMO.

UNA DIFFERENZA SOSTANZIALE TRA VINCENTI E PERDENTI.

I PERDENTI AMANO I SOGNI MA NON GLI OSTACOLI

GLI OSTACOLI PER IL VINCENTE SONO DEI MAESTRI MENTRE PER UN PERDENTE SONO SOPRUSI.

L'ANTIDOTO E' QUINDI CONSIDERARE SE STESSI SUL PODIO DI OGNI OSTACOLO SUPERATO, PERCHE' IL SOGNO SARA' LA SCHIUSA DI TANTI OSTACOLI TRASFORMATI DA ANGHERIE A MAESTRI.

COME SI RAGGIUNGE QUINDI LA DISCIPLINA DELLA MENTE?

SPERIMENTANDOSI IN CIO' CHE APPARENTEMENTE CI SEMBRA INGIUSTO,INUTILE,FATICOSO E CHE CI POTREBBE FAR SENTIRE PICCOLI E INDIFESI O PEGGIO UMILIATI,

CIOE' IN FAMIGLIA, SUL POSTO DI LAVORO, CON IL PROPRIO PARTNER.

CHI TI AIUTA A FARE QUESTO?

UNO SPECIALISTA DELLA RELAZIONE.

CHI?

LO PSICOTERAPEUTA

CHE ALDILA' DELLE TECNICHE NON SI TIRA FUORI DALLA RELAZIONE CON IL PAZIENTE , VI SI IMMERGE E SI SPORCA LE MANI PERCHE' SI E' FORMATO PRINCIPALMENTE PER QUESTO:

VIVERE LA RELAZIONE CON TE NEL MODO PIU' AUTENTICO POSSIBILE OFFRENDOTI LA POSSIBILITA' DI SPERIMENTARE UNA ESPERIENZA UNICA, DIFFICILE DA TROVARE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI.

PERCHE' OGNI PICCOLA CONQUISTA PER NOI E' UN TRIONFO PER CHI CI STA VICINO.


IO TI OFFRO LA POSSIBILITA'


A TE LA RESPONSABILITA' DI PRENDERLA

.https://www.facebook.com/emmanueledefilippo/



giovedì 22 novembre 2018

Mastering the Filth of Imperfection





Oggi mi trovavo al Festival di Arte e Robotica allestito in un suggestivo luogo " la Centrale idrodinamica" nel Porto Vecchio di Trieste.
La foto che mi ritrae potrebbe benissimo essere utilizzata in un B-movie dove una rozza Intelligenza Artificiale mi tiene sotto torchio.
In effetti mi son sentito un po' così.
Spiego brevemente la dinamica:
Azionata una piccola leva meccanica, una telecamera collegata ad un braccio meccanizzato, registra il viso della persona di fronte e attraverso un software partendo da un algoritmo lo disegna in modo accurato sul foglio appoggiato su di un tavolo da Artista rivolto al pubblico.
Io mi siedo tutto beato, cogliendo già la vanità di un ottimo risultato ormai certo.
Nel frattempo, con un leggero disagio, mi accorgo che la telecamera si muove scrupolosamente tra il foglio e la mia faccia, imitando alla perfezione il calcolo artistico della pennellata rivolgendo con sempre più attenzione, il suo globo oculare ai miei connotati.
Riconosco in me una certa impazienza in quanto la mia audacia nell'approfittare del cyber/ritrattista si sta rivelando una vera e propria sessione di immobilismo facciale che dura da più di 10 minuti, chi è con me mi abbandona e continua a guardare la mostra.
Ad un certo punto sono scambiato perfino per l'artista e la mia diventa quasi una performance in cui canzono alcuni amici artisti presenti lodando le capacità lavorative della macchina, a loro non resta che manifestare con Tazebao "Prima gli artisti umani".
Poi l'imprevedibile,..
Una simpatica ragazza si avvicina, come da copione mi guarda credendomi parte dell'installazione, poi chiede:
" Ma sta disegnando te?"
e io...
" Si certo, guarda come sta uscendo bene..i ritratti non si potranno portare via ma andranno a costituire la personale mostra dell'artista (mumble..tutto il mondo vedrà la mia faccia e potrò dire si! sono IO..mumble).
La simpatica ragazza non mi ascolta già più, si avvicina, si mette dietro di me e osserva la telecamera....
Anche la telecamera osserva lei...
Avete gia capito.
Il nostro piccolo, artistico braccio robotico comincia a sovrascrivere sul mio quasi ultimato e perfetto ritratto il sorriso della ragazza che dato che non posso muovere un muscolo immagino stampato sul suo volto.
Per un attimo penso che in preda ad un parossistico algoritmo di estro il coso stia disegnando la mia barba.
E' invece uno scarabocchio che cancella completamente il disegno dal naso in giù.
La signorina bofonchia qualcosa e Sparisce, si Sparisce..non la troverò più in nessuna delle altre sale.
Dopo un attimo di sconcerto, mi sento come quando si rompe un tubo in casa e passa per la tua mente quel momento di ingenua e patetica illusione di poter risolvere qualcosa.
POI STACCHI TUTTO L'IMPIANTO IDRAULICO.
Io ho staccato il culo dalla sedia e me ne sono andato.
Con questa storiella volevo solo dire che uscito dal festival ho riflettuto su tutto quello che mi è successo e ho  pensato che le paure che abbiamo nei confronti della tecnologia sono probabilmente dovute ad una eccessiva ansia di prestazione nel fare le cose in modo perfetto e in questa gara probabilmente alcune volte vinceremo, altre volte no, alcune volte sentiremo di più la fatica altre volte lavoreremo come automi.
Ciò che invece mi insegna la psicoterapia e ciò che penso sia una vera e propria " Skill" psicologica è " PADRONEGGIARE LA SPORCIZIA":
Occorre lavorare, vivere,resistere quando la situazione in cui ci troviamo ci si presenta sporca, imperfetta , in toni di colore non piacevoli, smorta in contatto con le altre persone.
Ill nostro compito non sarà quello di rimuoverla con una secchiata d'acqua ma di difenderla da lavaggi troppo usuranti tutelando la sua esistenza perché il troppo candore non diventi asetticità.

Dobbiamo scavare più a fondo!

In effetti, verità per verità i tesori più preziosi stanno nei posti più nascosti, alcune volte nei pertugi più raccapriccianti , il segreto sta nel farsi accompagnare negli abissi e risalire in superficie dove possiamo sciacquare con l'acqua fresca del contatto con gli altri quel piccolo nostro " bene", senza perderlo a causa di un getto enorme di scintillante solitudine troppo violenta.

mercoledì 28 giugno 2017

POWERWILL








Da un po' di tempo mi capita di essere interpellato da amici, conoscenti o semplici passanti per un semplice, secco, banale motivo: " Non mi sento bene".
Essendo uno psy titolato, pluripremiato, carico di clienti si attiva subito in me il senso di ragno e metto subito in moto parole e postura salvifica per poter dare come minimo senso a ciò che la persona mi sta chiedendo.
In pratica inizialmente non comprendo assolutamente nulla del perché si rivolgano a me così preoccupati.
Rendendomi un po' più lucido, prima di tutto scopro che il " non sentirsi bene" è un grido al cinema molto familiare " Presto un dottore!!"
Solo che il dottore,specialista, esperto, ominide che si ricerca è uno che abbia un po' di dimestichezza con una farmacologia relazionale chiamata empatia.
Insomma c'è bisogno di un PRONTO SOCCORSO PSICOLOGICO (P.S.P)
E allora via a rispondere a chi ha la mamma che ha appena avuto un brutto incidente e non riesce più a dormire la notte e si prende le sue goccine per poter riposare meglio e che non esce più di casa, oppure la sorella che dopo due lutti di seguito ha una paura matta di uscire in piazza o le viene "l'ansia" di prendere i bambini a scuola e manda la nonna a farlo per lei.


A questo punto mi chiedo ma lo psicologo:
Può uscire dal suo studio?
Può bruci..ehm modificare il suo setting?

A tal proposito ho cercato di formulare un piccolo prontuario di pronto soccorso da usare in strada quando una persona può subire una piccola ferita psicologica:

1) Valutare la sicurezza : il paziente è pericoloso per se o per gli altri?

2) Valutare lo stato di coscienza: rivolgersi al paziente in questo modo

a) Sono qui per te.
b) assecondando i movimenti del corpo ( se vuol piangere , deve piangere).

e formulando una semplice domanda:

3)Come ti posso aiutare?

a questo punto il paziente o non riuscirà a rispondervi e allora in quel caso ci si fermerà alla fase 1 e 2 e voi dovrete armarvi di pazienza e attenzione a ciò che sta accadendo.

Oppure :
Domandate a gran voce: " C'è uno Psicoterapeuta a bordo?"
Colui che si farà vivo dovrà tenere conto dei propri pensieri.

La persona che trovo sulla strada  è un delinquente o no?
Come aiutarlo? Lo devo aiutare? Lo posso aiutare?

Non lo posso sapere ma posso fare un giuramento di Ippocrate a me stesso, in effetti quando mi metto nella posizione di fare qualcosa per un altro, entro in una relazione che per forza deve aiutare anche me.

CIOE'?
Come posso tutelare la mia e la sua salute psico-fisica?

Ritorniamo al primo punto: se uno fa del male a se stesso o agli altri parte da una situazione di disagio, Tu puoi prendere atto di questa situazione e per passare al punto successivo devi permetterti una scelta libera.

4)Assenso o dissenso. 

1 DOMANDA: Ti interessa partecipare a questa situazione al di là di ciò che sta provocando dentro di te?

Assenso                                                                                                                        

a) Cerca una sovrastruttura di appoggio( una persona vicina o il 118 digitato sul tuo cel)
b) crea una infrastruttura di appoggio ( educazione al respiro e al pensiero disturbante catastrofico,
creo un ancora mia corporea che mi tenga vigile nel presente)

Dissenso

a) Hai sensi di colpa?
b) L'emozione perturbante ti sta dominando?
c) Sono libero e lascio la situazione.

Tutto questo per affermare che uno psicoterapeuta in questi casi può comportarsi come un medico, quindi può fare regredire o tutelare il sintomo di malessere prima  di una chiamata ai distretti sanitari.

A questo proposito credo che il punto chiave sia la volontà.
E' interessante e molto chiaro il vocabolo inglese ovvero POWER WILL che rimanda ad un potere che ti traghetta dal dolore del presente alla forza della speranza.
Il terapeuta deve meditare, dormire, svegliarsi, mangiare con questa parola in se, perché è il mangime di chi lavora in relazione di cura.




lunedì 29 giugno 2015

Il Noleggio dominato di sè



Alcune volte riesco ad andare in montagna, non tanto spesso, il più delle volte a breve distanza da Trieste mi rifugio in Carnia, un posto al quale sono particolarmente affezionato, il nostro è un pò come un amore estivo, da amanti , una intimità senza conoscenza, ogni volta che ci ritroviamo è un piacere.
Si è tanto scritto sugli effetti benefici psicofisici dell'andare in montagna, quel luogo dove la natura esplode in tutta la sua meraviglia e diversità.
La Montagna ti tratta sempre come parte di lei, ti ritrovi a far parte del tutto,che lo si voglia o meno, chi va in montagna appartiene ad una fauna umana particolare.
Al ritorno in città permane dentro di me come un andamento rallentato, una sensazione che quei posti respirino e viaggino ancora dentro di me, il corpo si velocizza per assolvere alle attività quotidiane mentre l'anima si riposa in una forma non conosciuta, vivo una desincronizzazione per due giorni al termine dei quali parte un refresh automatico e un ritorno alla mia non diagnosticata iperattività mentale e fisica.
Tutto questo mi suggerisce un idea del mondo a coppie, come se fosse una diade a creare senso, a dare realtà a ciò che ci circonda, ad un movimento o ad un'azione.
Non esiste sacrificio senza il dono di sè, sobrietà senza cura di sè, auto tamarra truccata senza finestrini aperti con musica commerciale a palla.
Acquisiamo risorse se oscilliamo con le nostre criticità, l'equilibrio si ha non nell'immobilità ma nella ricerca precisa di una percentuale di noi in movimento in un continuo che ha agli estremi inedia e dissipazione di energia.
Continuate a seguirmi ancora un attimo:
Facendo un trekking per le mie associazioni mentali penso alla disfunzione dell'attaccamento nelle sue forme di abbassamento della nostra energia, ovvero come un contatto morboso o un glaciale distacco possano essere equilibrati da una consapevolezza di affitto e non possesso delle cose.

Mi spiego meglio:

Se spingo al limite questa concezione del noleggio di questo mondo mi avvicino alla precarietà ma anche al vero manifestarsi di me stesso.
Quale è l'atteggiamento che ti permette di essere allo stesso tempo e in qualsiasi posto del mondo sia un piacevole turista che un omino autoctono accanto al suo focolare?
Il noleggio controllato di sè.
Immagina come se in ogni posto del mondo, in ogni occasione in ogni acquisto tu fossi un semplice anello intermedio, la "tua" macchina passerà a qualcun'altro la "tua" casa verrà abitata da altre persone, i "tuoi" figli riceveranno altre tradizioni.
Angosciante?
Si?
Ora immagina di non esser tu ad essere padrone di tua moglie, del tuo compagno, di tua figlia, forse neanche di te stesso.
Riesci a reggere tutto questo?
Ebbene sempre ipotizzando uno scenario apocalittico di questo genere tu sei in affitto in questa vita con un contratto più o meno lungo che decidi tu di stipulare:
" Vorrei vivere fino a 100 anni, vorrei sposarmi , mi compro una casa, voglio avere dei figli e conoscere i miei nipoti".
Ti chiedo di percepire la delicatezza di questo passaggio: sei tu che stipuli ma che non decidi, la tua volontà decide ma la realtà sancirà.
Ci si stupisce quando una cosa accade improvvisamente, ci stupiamo del perchè capiti proprio a noi, mai ci saremmo sognati che avrebbero calpestato proprio noi.
Io lotto, possiedo, consumo:
" Ho diritto a questa vita!! e nessuno può togliermela!" 
I nostri più celati pensieri magici infantili si inchinano a questo oracolo.

E invece...
LUMACA 1: 
- Ehi! Attenta alla Macchi..Crack
LUMACA 2:
- L' ho Vist..Crack
( Discorso funebre tra due lumache al casello)

Viviamo in questo mondo, piccoli, fragili, percorriamo strade che altri hanno già percorso, ci mobilitiamo per battaglie già combattute, perdiamo di vista così il percorso, la persona che ci precede o quella che ci sta seguendo, smarriamo la consapevolezza di essere tutti sulla stessa via in momenti diversi.

Ok! Sostituiamo quindi una regola disfunzionale con una funzionale nel nostro sistema.

Siamo molto più lenti di quello che immaginiamo, la nostra anima rallenta o si velocizza, prende forma nel movimento.
Che tu sia una lenta lumaca di montagna o uno scattante motorino di città la tua carena è molto fragile impattata ad alte velocità o contro grandi ostacoli.
Apparteniamo ad un posto, ad una persona o a delle cose solo per un periodo limitato di tempo, questo può diventare una soffocante angoscia o una buona pratica per celebrare un' ecologia universale dove il noleggio controllato di sè diventa la soluzione d'equilibrio tra il bisogno di appartenenza e quello di differenziazione e di libertà.

mercoledì 10 giugno 2015

Confini





ANTEFATTO:

Ieri.

Dieci anni fa arrivavo a Trieste per la prima volta e molti miei amici e alcune persone che incontravo mi chiedevano come mai avessi scelto questa città per abitare.
Rispondevo logicamente adducendo vari motivi di studio, una voglia di scappare lontano, o semplicemente una simpatia per la città "Mitteleuropea".

Oggi.

Trieste l'ho conosciuta sulle pietre del carso, nelle persone che non sono nate a Trieste ma che parlano triestino, l'ho conosciuta tra i paesini dell'Istria, l'ho conosciuta in Slovenia e tra la minoranza slovena, l'ho conosciuta nelle parole di americani emigrati, l'ho conosciuta in diverse lingue.
L'ho conosciuta in tutti i posti dove Trieste sembra finire, l'ho conosciuta sulla punta delle dita come in una elastica estensione di un braccio forte e sofferente e l'ho conosciuta bella e libera come se non appartenesse completamente a se stessa.

SCENA:

Ieri notte navigando su internet riflettevo su quanto una notizia sul web mi permette di distrarmi più o meno consapevolmente da tutto il resto che mi circonda e da me stesso, entro così in un turbinio di emozioni e divento un grande opinionista, mi costruisco una bella identità ricca di nozioni, notizie, significati e fonti attendibili, convinzioni più stabili possibili, in modo da rivolgermi al mondo on line nel modo più sicuro possibile.
Il risultato è quello di sentirmi incrostato da tutti questi ragguagli, argomenti e notifiche.

Il futuro sociale e di reputazione virtuale nella rete si giocherà sempre più su poche parole chiave, le quali sanciranno l'affiliazione degli accoliti alla propria setta linguistica ideologica o di significato semantico della vita.
Tutto questo a gloria e onore di un sentimento di patriottico nazionalismo del proprio Io.

Nella psicoterapia della Gestalt, l'incontro con l'altro è gestito sul confine del contatto, al limitare di Noi.
Gestire i confini del proprio carattere e della propria identità è periglioso in quanto se da una parte rischio di essere troppo rigido e diventare un inflessibile apologeta di me stesso, sulla polarità opposta mi riverserò in una azione "pastorale" alla ricerca di infinite lusinghe e consensi.
In ogni caso sarò sempre IO al centro dell'attenzione.
L'Horror vacui di essere nulla e di esserci per l'altro senza imprimere il nostro volere ci fa entrare in una sindrome di panico o di rabbia globale.

Come possiamo vedere l'amore se non lo trasportiamo al di fuori di noi stessi?

L'amore è pulsante, ne possiamo assaporare la forza centripeta solo quando abbiamo esercitato quella centrifuga, non credo affatto alla frase: "SOLO SE AMO ME STESSO , POTRO' AMARE GLI ALTRI " a mio avviso è un assunto illogico, non posso infatti provare solo una cosa della quale posso avere esperienza solo in relazione.
Se adorassi "LA RELAZIONE" il dio della psicoterapia umanistica, potrei azzardare che per incontrare l'altro dobbiamo maieuticamente partorire l'amore, gettarlo fuori nel mondo, pensarci come ottimi involucri, primo stadio di una evoluzione ad uno spazio esterno di condivisione.
Può sembrare questa una ipotesi schizofrenica solo nel momento in cui io non so a chi faccio spazio dentro di me, sono contenitore di chi o di cosa?
Troppo spesso ci sentiamo come uova sode piene di emozioni, pensieri, parole, giornate faticose.
Quando Sant'Agostino diceva che passiamo inosservati a noi stessi forse non si aspettava che oggi avremmo vissuto perdendo fiducia in Dio e permettendoci raramente l'oblio di noi stessi.
Paradossalmente il Big Bang di conflitti tra le persone avviene tra identità cristallizzate e poco comunicative, e ora si trasfigura in dibattiti microbellici tra idee millimetricamente distanti l'una dall'altra.
Cristiano perseguiterà cristiano, omosessuale offenderà lesbica, il muratore denigrerà il manovale, docenti, medici si culleranno nella creazione delle proprie identità fatte di pseudo stabilità che calmeranno un incontro troppo schockante con l'altro.
 
FINALE: 
 
Domani forse torneremo a parlare di immigrati furbi, dell'Italia ladrona, del sospetto che le nostre idee meravigliose attendono solo di essere rubate, di come sappiamo fare bene un mestiere o conosciamo bene un argomento o di come non lo conosciamo affatto e questo ci fa soffrire.
Ma oggi no.
Oggi per questo minuto pensiamo ad una terra di confine, dove partendo dall'entroterra andiamo verso il mare, immaginiamo un viaggio con la consapevolezza che sappiamo da dove siamo partiti, conosciamo la strada del ritorno ma adesso al confine della terra dove finisce la terra, al limite dei nostri confini ad aspettarci c'è un'altra persona e vi assicuro che da lì si gode di una vista imperdibile.











venerdì 29 maggio 2015

Una piccola idea





 C'era una volta un lupo di mare.




















 

Era vecchio ma ancora giovane, severo ma gentile.
Un giorno saltellando durante una delle sue passeggiate sulle spiaggie, trovò tra i vari rifiuti una mezza bottiglia di plastica all'interno della quale era accartocciato un piccolo rotolo di carta spiegazzata, agguantò il rotolo, gettò il pezzo di plastica sbiadito dal sale e dal sole e con i suoi occhi stanchi ma vigili iniziò a leggere sottovoce:

"Lasciar andare, lasciarsi andare.
Diciamo pure che sono un habitué della Legge di Murphy. Nel corso degli anni, che ormai cominciano ad essere abbastanza numerosi da potersi considerare significativi, il più delle volte ho dovuto sottomettermi all'assioma che, se c'è qualcosa a cui tengo e che desidero con tutta me stessa, è pressocchè certo che andrà male. Fortunatamente, tra gli accessori che mi sono stati forniti di serie, è compresa una certa dose di ironia, il ché aiuta non poco nell'affrontare le curve impervie della vita. Fare i conti con l'irrealizzabilità di un progetto a cui tieni, l'irrevocabilità di alcuni avvenimenti, l'inaccessibilità di qualcuno che pure vorresti parte della tua vita, è una frustrazione ed una ferita al proprio narcisismo, ma porta con sé una delle lezioni più importanti che mi siano state impartite. Impara a lasciar andare. In un mondo che lascia molto poco spazio all'imperfezione, in cui “volere è potere” (e non sono sicura di quale significato attribuire alla parola potere...) e prosperano psico-guru che dovrebbero insegnarci la via della realizzazione personale, lasciar andare suona quasi come una bestemmia. 

Senza quasi.
 Eppure lasciar andare significa accettare, significa lasciare liberi gli accadimenti di svolgersi per come devono, libere le persone di comportarsi ed essere per come sentono, libero chi amiamo di lasciarci, di andarsene o di restare. Lasciare andare allora non ha niente a che vedere con il piegarsi (per restare nell'analogia con il potere) a ciò che non gradiamo, ma c'entra invece con la libertà.
 E dunque con l'amore.
 È compiere un passo indietro e fare spazio, fare un luogo in cui accettiamo di non essere onnipotenti, di non poter controllare tutto, accettiamo di poter soffrire. E di essere in grado di guarire dal nostro dolore. Lasciamo andare e ci lasciamo andare. Che poi è la premessa per entrare davvero in relazione con qualcuno.
In effetti credo che, se aspettassimo di poterci fidare ciecamente di qualcuno per innamorarci, avremmo finito per estinguerci da un pezzo. La questione non è essere certi che l'altro non ci ferirà, ma accogliere quanto di imponderabile e misterioso vi è nello scorrere della vita. Assumerci la nostra quota di responsabilità, e non oltre. Restituire all'altro la sua quota di responsabilità, e non oltre. 

È, in ultima analisi, sgombrare il campo dalla colpa, nostra o che attribuiamo all'esterno. Perchè non si è mai visto che il senso di colpa abbia mai fatto crescere nessuno. Né che abbia fatto restare nella nostra vita chi non lo desiderava".
E.
Il lupo fece una smorfia con il muso, ne aveva passato e visto di cotte e di crude nella sua vita e ascoltate ancora di più, tutte quelle parole erano per lui incomprensibili, quindi con noncuranza e anche un pò annoiato fece una palla di carta con il rotolo, con un bel calcio la fece volare lontano da sè, e con un balzo in acqua e due pinnate era già sulla sua isola a prendersi beatamente il sole.


Di lì a poco passava sulla spiaggia un vecchio artrotopo disoccupato, licenziato poco tempo prima da alcune signore chiamate Moire (dovete sapere infatti che questo simpatico roditore era assunto a tempo pieno, diciamo... nella rescissione o meglio recisione di alcuni contratti..di vita), insomma aveva perso il lavoro per alcune divergenze di vedute sulla gestione aziendale.
Tutto ad un tratto, il topo si trovò a terra zampe all'aria, era caduto e notò un rotolino di carta ingiallito sul muso poco sopra i suoi baffi.

Lo lesse.

Il roditore cominciò a piangere, singhiozzare, disperarsi per tre giorni di seguito.

Al 3° giorno Dio, sentite le lamentele di tutto il vicinato parlò:

Dio: " Ehi tu perchè piangi?"

L'artrotopo pensò di essere ormai completamente pazzo vinto dal suo dolore quando riudì la voce.

-D. :"Si tu topo, cosa hai da piangere?"
 il topo ormai commosso irrimediabilmente parlò come si può parlare all'intimo della propria coscienza, di come quelle parole scritte lo avessero toccato e della sua impotenza nel non poter fare niente.

Dio disse:
" Cosa fai nella tua vita?"
T. : in effetti sarei momentaneamente in cerca di occupazione..
D. : Lo so! Ma cosa vuoi?
T. : in effetti io vorrei...
D. : Ok ti assumo!

T. : Ma non so neanche chi sei, manco ti vedo, e poi che contratto? 
      Quali garanzie?
      Siamo nel 2015, ho bisogno di sicurezze!


DIO: Ascolta: Ho una piccola idea che potrebbe interessarti.
        Sarai in prova per un anno sotto la mia supervisione, il tuo lavoro sarà 
        quello di tagliare tutti i legami inutili e dannosi che legano e soffocano le    , 
        persone affinchè io possa tessere quello tra me e loro.

In quel preciso istante, si udirono nel mondo sospiri, lacrime di gioia, WOW da bambino, battiti di mani, balli, baci rumorosi, baci silenziosi, pacche sulle spalle, abbracci.

Nuove scoperte nascevano da una piccola idea.

                         L'Artrotopo aveva cominciato a lavorare.














giovedì 21 maggio 2015

DOPPI SEGNALI, DOPPI LEGAMI





Ti sarà capitato almeno una volta nella vita di trovarti inaspettatamente in una "posizione insostenibile".
Un momento dove tutto diventa paradossalmente logico, ma proprio per questo altamente confusivo.
- " Ma mio padre, mi sta dicendo che mi vuole bene quando mi chiede di passargli il sale o quando mi sgrida perchè io gli ubbidisca?"
- "Non capisco cosa abbia voluto intendere mamma con quella frase pungente e quel ghigno sorridente quando mi dava i soldi della paghetta".
- " Con mia moglie è sempre la stessa storia, che faccia una cosa o l'altra mi sento sempre peggio e a lei non va mai bene niente".
Queste sono solo alcune delle situazioni dove può essere presente un doppio segnale, cioè una situazione apparentemente neutra dove tu sei in mezzo a due messaggi con intensità uguale ma direzioni diverse nello stesso momento, in pratica immagina che sul tuo cervello ha più o meno questo effetto:


Spesso questo succede nei primi rapporti significativi della nostra vita, quelli con i nostri genitori.
Piovono dall'alto polpette di imposizioni contradditorie che farcite con assenze e presenze ambigue o evitanti possono portare a problematiche di tipo schizoide.

CHE VUOL DIRE?

Immaginate le vostre vite condite esclusivamente da relazioni " Mamma Mediterranea".
La vostra genitrice vi esorta ad andare per il mondo a fare le vostre scoperte, ma al momento della vostra partenza, o della preparazione della vostra valigia vi  ama sempre più con frasi del tipo " Tu vai, io muoio", non necessariamente pronunciate vocalmente.
Ipotizzo che questo bel gioco, che per alcuni diventa un lavoro remunerato, appartenga a molti operatori che si adoperano in ambito educativo, sia con i propri figli che in una qualsiasi relazione di aiuto, parlo di operatori con i propri figli perchè l'effetto anche sulla relazione familiare è abbastanza meccanico, fatto prevalentemente di operazioni.
Funziona un pò così:
A) Tuo figlio ( cliente, paziente, utente) fa una cosa sbagliata.
B) Tu pensi: è sbagliato! o meglio pensi a ciò che ti è stato insegnato come sbagliato.
C) Punisci tuo figlio (cliente, paziente, utente) lo rimproveri o gli spieghi che ciò che ha fatto è altamente riprovevole.

A questo punto la comunicazione è suddivisa percentualmente in questo modo:

95% = Tu e la tua arringa.
  5% = La mimica facciale basita e il silenzio del tuo interlocutore.

Quale è il messaggio di questa relazione?
Il motivo per cui si agisce in un modo conosciuto, appreso, per quanto giusto e onorevole sia può nascondere la necessità di appiccicare un'immagine all'altro per tappare la propria angoscia.
Durante la giornata mi chiedo più volte, ma perchè tutte queste domande sul come si costruisce una relazione?
La suggestione che mi evoco da solo è che se noi per un momento paragoniamo il principio educativo generale ad un precetto come può essere quello di stile ebraico fortemente a servizio di una legge che ce ne facciamo di una relazione con l'altro, o meglio che ce ne facciamo dell'altro?
Tutto è già stato studiato, ispirato, regolato.
Mi colpisce sempre la sicurezza e la bontà di alcuni mentori psicopedagogici o di alcuni baldi genitori nell'accettare senza remore una unica teoria educativa e proporla indistintamente ai propri tre figli o ai propri discepoli.
Insomma il metodo educativo o terapeutico nella relazione d'aiuto diventa in questo modo lettera che uccide, lo spirito creativo ne esce fortemente compromesso.

A livello prosociale però si continua a rispondere falsamente così:

                      PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO


Obbiettivo raggiunto: L'utente annuisce e esegue secondo il buon ordine delle cose.

Obbiettivo..Fallit..(non si dice) da ricalibrare: L'utente è oppositivo, non collabora, abbandona la situazione, reagisce violentemente alla "sana imposizione".

Unica variabile non presa in considerazione:

Il " Datore di Cura" dove sta?

Nella relazione è presente?

Il doppio legame viene traslato nel tempo, il Datore di Cura soffre e diventa un canale di coercizioni apprese, spesso non sue, sulle quali non ha avuto alcun senso critico, ne tantomeno è riuscito a filtrarne il marcio.
Le coercizioni libere di fluire passano da un ricevente all'altro e si attaccano come melma che lega e imprigiona la vita.
Il doppio legame diventa intergenerazionale, impedisce con l'andare degli anni ad ogni membro di quella famiglia di masticare e discriminare con esperienza in prima persona la propria pedagogia, quel poco che consente è di trasmettere una pseudoeducazione di facciata.
Ora non immagino soluzioni, però pensare che alla stessa stregua di comportamenti violenti, passivi o benefici e altruisti appresi, anche un certo tipo di doppio legame abbia una base trasmissiva genealogica, mi porta a dedurre che ci possa essere un contrapasso funzionale, cioè quello di potersi distaccare da un certo tipo di filtro feticcio esistenziale e di visione della realtà che troppo spesso confondiamo con noi stessi.

NOI NON SIAMO LA GRIGLIA CON CUI VEDIAMO IL MONDO.

In verità, possiamo attingere ad uno spirito che vivifica la nostra intera esistenza, formandoci non ad imitazione dei santi o di uomini migliori di noi ma nelle ferite della nostra persona.
Il vero cambiamento storico abbraccerà la nostra storia personale e non sarà frutto della buona riuscita di un metodo, ma del fatto che è rivolto personalmente ad ognuno di noi.