giovedì 21 maggio 2015

DOPPI SEGNALI, DOPPI LEGAMI





Ti sarà capitato almeno una volta nella vita di trovarti inaspettatamente in una "posizione insostenibile".
Un momento dove tutto diventa paradossalmente logico, ma proprio per questo altamente confusivo.
- " Ma mio padre, mi sta dicendo che mi vuole bene quando mi chiede di passargli il sale o quando mi sgrida perchè io gli ubbidisca?"
- "Non capisco cosa abbia voluto intendere mamma con quella frase pungente e quel ghigno sorridente quando mi dava i soldi della paghetta".
- " Con mia moglie è sempre la stessa storia, che faccia una cosa o l'altra mi sento sempre peggio e a lei non va mai bene niente".
Queste sono solo alcune delle situazioni dove può essere presente un doppio segnale, cioè una situazione apparentemente neutra dove tu sei in mezzo a due messaggi con intensità uguale ma direzioni diverse nello stesso momento, in pratica immagina che sul tuo cervello ha più o meno questo effetto:


Spesso questo succede nei primi rapporti significativi della nostra vita, quelli con i nostri genitori.
Piovono dall'alto polpette di imposizioni contradditorie che farcite con assenze e presenze ambigue o evitanti possono portare a problematiche di tipo schizoide.

CHE VUOL DIRE?

Immaginate le vostre vite condite esclusivamente da relazioni " Mamma Mediterranea".
La vostra genitrice vi esorta ad andare per il mondo a fare le vostre scoperte, ma al momento della vostra partenza, o della preparazione della vostra valigia vi  ama sempre più con frasi del tipo " Tu vai, io muoio", non necessariamente pronunciate vocalmente.
Ipotizzo che questo bel gioco, che per alcuni diventa un lavoro remunerato, appartenga a molti operatori che si adoperano in ambito educativo, sia con i propri figli che in una qualsiasi relazione di aiuto, parlo di operatori con i propri figli perchè l'effetto anche sulla relazione familiare è abbastanza meccanico, fatto prevalentemente di operazioni.
Funziona un pò così:
A) Tuo figlio ( cliente, paziente, utente) fa una cosa sbagliata.
B) Tu pensi: è sbagliato! o meglio pensi a ciò che ti è stato insegnato come sbagliato.
C) Punisci tuo figlio (cliente, paziente, utente) lo rimproveri o gli spieghi che ciò che ha fatto è altamente riprovevole.

A questo punto la comunicazione è suddivisa percentualmente in questo modo:

95% = Tu e la tua arringa.
  5% = La mimica facciale basita e il silenzio del tuo interlocutore.

Quale è il messaggio di questa relazione?
Il motivo per cui si agisce in un modo conosciuto, appreso, per quanto giusto e onorevole sia può nascondere la necessità di appiccicare un'immagine all'altro per tappare la propria angoscia.
Durante la giornata mi chiedo più volte, ma perchè tutte queste domande sul come si costruisce una relazione?
La suggestione che mi evoco da solo è che se noi per un momento paragoniamo il principio educativo generale ad un precetto come può essere quello di stile ebraico fortemente a servizio di una legge che ce ne facciamo di una relazione con l'altro, o meglio che ce ne facciamo dell'altro?
Tutto è già stato studiato, ispirato, regolato.
Mi colpisce sempre la sicurezza e la bontà di alcuni mentori psicopedagogici o di alcuni baldi genitori nell'accettare senza remore una unica teoria educativa e proporla indistintamente ai propri tre figli o ai propri discepoli.
Insomma il metodo educativo o terapeutico nella relazione d'aiuto diventa in questo modo lettera che uccide, lo spirito creativo ne esce fortemente compromesso.

A livello prosociale però si continua a rispondere falsamente così:

                      PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO


Obbiettivo raggiunto: L'utente annuisce e esegue secondo il buon ordine delle cose.

Obbiettivo..Fallit..(non si dice) da ricalibrare: L'utente è oppositivo, non collabora, abbandona la situazione, reagisce violentemente alla "sana imposizione".

Unica variabile non presa in considerazione:

Il " Datore di Cura" dove sta?

Nella relazione è presente?

Il doppio legame viene traslato nel tempo, il Datore di Cura soffre e diventa un canale di coercizioni apprese, spesso non sue, sulle quali non ha avuto alcun senso critico, ne tantomeno è riuscito a filtrarne il marcio.
Le coercizioni libere di fluire passano da un ricevente all'altro e si attaccano come melma che lega e imprigiona la vita.
Il doppio legame diventa intergenerazionale, impedisce con l'andare degli anni ad ogni membro di quella famiglia di masticare e discriminare con esperienza in prima persona la propria pedagogia, quel poco che consente è di trasmettere una pseudoeducazione di facciata.
Ora non immagino soluzioni, però pensare che alla stessa stregua di comportamenti violenti, passivi o benefici e altruisti appresi, anche un certo tipo di doppio legame abbia una base trasmissiva genealogica, mi porta a dedurre che ci possa essere un contrapasso funzionale, cioè quello di potersi distaccare da un certo tipo di filtro feticcio esistenziale e di visione della realtà che troppo spesso confondiamo con noi stessi.

NOI NON SIAMO LA GRIGLIA CON CUI VEDIAMO IL MONDO.

In verità, possiamo attingere ad uno spirito che vivifica la nostra intera esistenza, formandoci non ad imitazione dei santi o di uomini migliori di noi ma nelle ferite della nostra persona.
Il vero cambiamento storico abbraccerà la nostra storia personale e non sarà frutto della buona riuscita di un metodo, ma del fatto che è rivolto personalmente ad ognuno di noi.





Nessun commento:

Posta un commento