giovedì 14 maggio 2015

Lo Psicoeconomo











Oggi guardavo un video su Youtube di Mauro Scardovelli, un docente universitario che ha abbandonato la carriera per fondare un Istituto di ricerca umanistica, più o meno so questo di lui.
In questo momento non importa tanto lui, ne tutte le cose che afferma durante la sua lezione all'Università di Economia di Genova, ma una cosa mi ha colpito, una sua riflessione che sento di condividere anche io in questo periodo.
Si parla di Economia ma anche di Psicologia e Filosofia:
Ormai sempre più psicologi si occupano con passione ed entusiasmo di vendita e di mercato come se la disciplina dell'anima avesse scoperto di possedere il fantomatico gene X.
Nasce quindi una nuova disciplina mutante da super eroi attraverso la quale con l'utilizzo di tecniche e di test si può aprire magicamente la mente e il portafoglio di migliaia di pazienti o meglio di migliaia di persone " dal potenziale ancora inespresso".



La imperitura sciocchezza nota ormai a chiunque:
" Utilizzate solo il 10% del vostro cervello"
e altre sullo stile: come poter acquisire risorse e poteri telecinetici per esprimere al meglio le proprie potenzialità, per far soldi, parlare davanti ad una platea, superare un lutto facendo un HALF IRONMAN comodamente seduti a casa vostra, ha tirato su più pesci che un paranco!


La Psicologia, figlia della Filosofia e del veder lontano, ha trasceso tempo e spazio solo per esigenze di mercato ed è diventata schiava dell'economia.
Come sottolinea Scardovelli, come altre materie pseudo sociali è rimasta accecata dal suo individualismo, dalla sua sete da "parco clienti", da un narcisismo egoistico, perdendo di vista il vero perchè dello studio della natura umana.
Come un utero in affitto di conoscenza e clinica, la Psicologia è stata fecondata da movimenti di mercato, posizionamenti, brand.
Da questo incesto è nato un mostro, un nuovo essere: lo psicoeconomo, parente prossimo dell'Homo economicus di cui parla Scardovelli.
Tendenzialmente i due esseri si assomigliano in quanto egoisti e separati dagli altri.
Lo psicoeconomo è separato anche da se stesso, vive in un paradosso dove dovrebbe imparare a conoscersi ma si allontana sempre di più da sè!
Ciò che professa non è più una qualità di vita filosoficamente espressa e corporalmente e moralmente vissuta ma si spersonalizza, il suo incoscio abdica a favore di sua maestà l'Economia.
Lo psicoeconomo non tiene conto della comunità ma adopera le proprie risorse e conoscenze per la fidelizzazione di nuovi adepti i quali felicemente tributeranno dai 70 ai 250 euro per ogni ora del proprio potenziamento.
Ma principalmente cosa non va?
Qual'è il meccanismo inceppato che frena tutto il sistema?
E' che le richieste dell'anima e della natura umana di quel malcapitato che si rivolge allo Psicoeconomo di turno sono sempre le stesse di ogni tempo e trascendono questo mondo, le risposte sono pero "finite" ad uso del qui e ora, in un mondo che "finisce" un desiderio finisce e apre la strada ad un altro ma tutto questo alimenta disperazione e non speranza.
Lo Psicoeconomo non sa trasfigurarsi e non sa più vedere quando gira per le città cosa sia relazione e cosa transazione.
Come un POS di carne, la sua bocca si apre a fessura elargendo una striminzita umanità solo dopo la promessa inconsapevole di un proficuo tornaconto.
Lo Psicoeconomo non vive del suo lavoro, non lo ama di per se, si spaventa nel poco (penuria di clienti), si esalta nel successo, ma è lontano dall'essere amante del senso dell'essere e dell'esistenza umana.
La civetta di Minerva è ormai cieca e non vola più.
Ma veniamo a me, quanto a questo punto della mia vita riesco ad essere veritiero nel mio studio e nella mia vita?
Quanto sono e faccio oggigiorno coerentemente?
Oggi cammino per strada e mi sposto al sole per non veder troppo la mia ombra psicoeconomica.


























2 commenti:

  1. lo psicoeconomo che descrivi mi fa venire a mente un bambino che ha paura di morire

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  2. La figura dello psico economo può essere ambivalente, da una parte spietata e cinica, dall'altra tormentata e barocca o melanconica, o in mille altri modi quanto le sfumature della persona che sceglie questo vestito. Tema ricorrente è e sarà una ansia di fondo per una mancanza di senso, che potrebbe tradursi in una paura della morte come una non accettazione della vita, in effetti il narcisismo impedisce di sentirsi parte di un tutto a favore di un altare a se stessi. Ma non come un bambino, i bambini son legati più al dolore che non all'angoscia anticipatoria,di per se la loro morte è un concetto astratto, risentono più della compartecipazione alle nostre emozioni piuttosto che ad una paura inizialmente più cognitiva come può essere quella da adulti. Grazie del commento buona giornata

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