mercoledì 29 aprile 2015

LIFE TRAINING




Ci sono giorni in cui vorrei conoscere chiaramente cosa è giusto o non è giusto fare.
Altri giorni lucidamente vedo questa chiarezza e non trovo il coraggio di prendere quella benedetta decisione.
Insomma vivere risulta faticoso quando si tratta di convertirsi ogni giorno, ovvero fare un'inversione a U del proprio cuore verso il bene è tremendamente angosciante, rispetto a guidare con il pilota automatico nella perpetua rotonda delle opportunità e libertà della vita.
L'Ipnosi insegna che abbassare il livello di coscienza, permette la destrutturazione di molti se non tutti i punti di riferimento, in effetti come si può costruire un nuovo palazzo se è ancora presente quello vecchio?
Questo può essere sano per una struttura sclerotizzata di un certo tipo, ma non vale in assoluto come metodo generale, in soldoni, se quest'anno ho piantato melanzane non è necessario che distrugga tutto e che l'anno prossimo io debba piantare solo pomodori.
Avviene però che in un' ottica di vendita attuale, il Mercato, ormai essere senziente, richieda avidamente il consumo incessante di prodotti nuovi di ogni tipo dai beni essenziali al fitness ,alle emozioni, ai viaggi, dispositivi tecnologici, prodotti di bellezza e in genere tutto ciò che può essere comprato al fine di garantire un benessere principalmente corporeo.
Leggevo a tal proposito che una percentuale quasi totale delle vendite sul Web e nei negozi avviene in modo estremamente veloce.
Riceviamo e assimiliamo informazioni, nozioni, pareri, opinioni su ciò che ci serve tutto il giorno e su ogni tipo di social che frequentiamo, molto prima dell'acquisto vero e proprio del prodotto.
Siamo l'ultimo anello di questa catena alimentare del consumo.
Tutto è già stato studiato, programmato, il nostro profilo è ben visibile a tutti, figuriamoci a chi ha occhi per guardare.
In un impeto di illusoria indipendenza abbiamo già confezionato nella nostra mente ciò che ci renderà più intelligenti o più furbi degli altri, più in contatto con il mondo o semplicemente " ciò di cui non possiamo fare a meno ora nel 2015".
Dentro di noi, la nostra mente e il nostro cuore sono già avviluppati dal nastrino del pacchetto regalo, eseguiamo fedelmente il packaging di ciò che era già stato modellato per noi a nostra immagine e somiglianza, in base alle nostre esigenze, alle nostre famiglie, alle nostre povertà materiali e morali, alle nostre emozioni e ai nostri vizi; alcune volte  ci beviamo uno shot di endorfine fantasticando su quell'acquisto  che ci permetterà di fare tanto del bene a 
noi stessi e agli altri.
Ci ritroviamo alla fine soffocati e disorientati sino a quando capiamo che la vera inversione è rivolgere lo sguardo a noi stessi.
Recidere il legame da Mamma Pubblicità ci provocherà angoscia, un'angoscia profonda, quella di non bastare a noi stessi e agli altri, e come affermava S.Kierkegaard, filosofo danese che per primo utilizzò il termine angoscia, essa emergerà quando mi troverò di fronte ad una scelta.
Stranamente il sacco di angoscia lo facciamo stillare di preoccupazioni sulla strada delle possibilità del mondo ma non ce ne liberiamo mai completamente in quanto possiamo appoggiarlo con sicurezza solo in un posto, nei domini del Padre.
Andare per il mondo senza punti di riferimento è un pò come uscire la mattina di casa per andare a lavorare, e alla sera tornare in una casa nuova ed ogni mattina successiva partire da un punto sempre nuovo e sempre più lontano per distanziarci sempre più dal ricordo di noi stessi.
Abbiamo un sacco pieno di cose e di angosce ma non sappiamo più chi siamo, il desiderio del sommo bene si rompe, si frammenta in tanti desideri e non abbiamo più Dio ma tanti piccoli altarini da venerare come necessari e dimentichiamo chi può riempire completamente il nostro cuore.
Alcuni colleghi e altrettanti amici mi raccomandano prudenza nel parlare di Dio e di Gesù Cristo, soprattutto in contesti professionali e accademici ma dovrò fare pur riferimento qualche volta al mio supervisore e terapeuta principale, l'unico perfettamente confrontativo e amorevolmente accogliente, il miglior Trainer è lui.
E' interessante sapere che il metodo per vivere una buona vita è gia stato scoperto, è presente, scritto, sperimentato da chi vive una fede viva, sta a noi farlo nostro.
Vi lascio con queste ultime parole che io a tal proposito ritengo ispirate, fanno parte di uno dei tanti discorsi pronunciati da un famoso allenatore di Pallavolo alla sua squadra (Italiana) pluripremiata.

" Io non sono qui per dirvi cose nuove, ma vi aiuto a scoprire la meraviglia e l'utilità di riprendere gli stessi insegnamenti"

                                                         Julio Velasco
  

mercoledì 22 aprile 2015

La grande Gru



Le Gru mi hanno sempre affascinato, sin da piccolo, grandi, forti, discreti esseri rivelano la loro presenza sopra le nostre teste solo con il loro "Kru" meccanico.
In pratica spostano e sollevano merci più o meno grandi quando con i mezzi di terra sarebbe impossibile o quantomeno improbabile.
Mi è venuta la consueta similitudine: ho pensato all'educazione dei miei figli, come arte di avvicinarsi agli altri e insegnare loro come sapersi avvicinare a momenti, opportunità e risorse nella loro vita.
In particolare pensavo all'educazione alla fede.
Parlo di questo, perchè molte volte mi perdo nel preparare un vademecum di mie esperienze e conoscenze di vagabondaggio nel mondo seguendo quell'elenco per cui gli esseri umani si distinguono dalle altre specie, ovvero: la costruzione di strumenti, il linguaggio, l'arte, la musica, l'accumulo di conoscenze, l'uso di piante come scopi alimentari o terapeutici, ma non preparo debitamente i miei figli alla dimensione del sacro.
Si potrebbe pensare che curando il fattore esistenziale o quello psicologico si possano tenere a bada le nostre angoscie rispetto alle " Domande Fondamentali", in quanto il sacro ha una componente fortemente biologica, in effetti l'espansione dei nostri lobi frontali ci permette:
a) di non fare sempre cazzate ( capacità di inibire alcuni comportamenti).
b) pensare di essere dei maghi ( possibilità di immaginare e di anticipare il futuro).

Ma, anticipare il futuro significa generare ipotesi sul nostro futuro e avere la consapevolezza della nostra morte.
Ma, della morte possiamo solo avere una misera consapevolezza, il resto è grazia e mistero.

Quindi sviluppare una sensibilità religiosa è un calmante all'angoscia scaturita da queste domande.
Può rivelarsi un'illusione o una grande suggestione se non utilizziamo gli strumenti giusti.

La grande Gru è uno di questi strumenti, è potente, nel trambusto dell'azione urbana lo abbiamo costruito come un grande braccio che passa sulle nostre teste, un peso che per gli altri oggi è insormontabile può essere portato da noi con discrezione per un tratto di strada e per un tot di tempo. può volerci un attimo a spostarlo per far riposare l'altro.
E' un atto che trova senso se riconosciamo che alcune volte anche noi abbiamo bisogno di qualcuno che sollevi e sposti certe nostre angosce, preoccupazioni, fatiche per poter riprendere fiato e con più forza e con più energie poterlo fare a nostra volta con i nostri figli e fratelli.

La grande Gru non è solo frutto della nostra volontà, è qualcosa che adoperiamo in un movimento verso l'alto e verso l' altro in uscita da noi stessi, è una sensibilità coltivata con preghiera azione e studio. 

Tutto ciò che la città ci offre lo vediamo ogni giorno, perchè non osare guardare in alto?







 

mercoledì 15 aprile 2015

La Famiglia



Ricorrere all'uso della Famiglia, alcune volte può rivelarsi più dannoso che benefico, si pensa di fare il bene dei propri figli per poi arrivare ad una escalation di sofferenze psicofisiche da far sembrare la guerra dei Roses una scaramuccia tra sedicenni innamorati.
Il pesciolino Giosuè questo lo sa, in effetti la sua famiglia non si può definire propriamente tradizionale, ma ha sempre funzionato:
Papà Cicciogallo e Mamma Babygiraffa sono sempre riusciti a far quadrare il bilancio familiare, non sono mai mancati i beni di prima necessità: alghe, mais, arbusti e amore.
Ma pesciolino Giosuè sa che i tempi cambiano, le mode invecchiano, egli si sente profondamente diverso, in un ambiente che non riconosce più una domanda affiora spontanea alla sua mente:

 
                         MA SONO VERAMENTE FIGLIO DI QUESTI DUE?


Voi riderete, anche il pesciolino Giosuè sogghigna, ma spesso i nostri figli non ci riconoscono più, si sentono uova sbagliate in una covata di uova uguali.
I nostri litigi, le nostre brutture, creano una distanza in noi e tra di noi,  sentiamo come se il nostro cuore si gelasse a milioni di km di distanza dal nostro amato sangue del nostro sangue.
Il fiume in piena degli eventi si porta appresso tutti i detriti che trova lungo il suo cammino: negatività, sogni infranti, umiliazioni, perdite di senso, piano piano perdiamo o acquisiamo nuovi arti e membra a causa delle nostre ferite.
Abbiamo teste da bambino che si affezionano morbosamente ai propri giochi perversi, con colli da giraffa pronti ad osservare con invidia il giardino dell'altro, oppure teste di gallo sempre pronte alla rissa in pingui corpi da bambino poco inclini a fatica e responsabilità.
Insomma ci si scontra in un titanico "infantile" gioco al massacro e i figli se ne vanno, si allontanano, forse pensando che non valga più la pena lottare per qualcosa che non ti appartiene più, la famiglia diventa così il giocattolo rotto, noioso e che non si usa più.
Le Famiglie, invece, sono tutte collegate da un filo:
un bellissimo libro per bambini, racconta che tutto: uomini, animali, cose, case sono attraversate da un filo che le unisce.
E' un filo secondo me, fatto da due colori: uno è il rosso sangue delle ferite, l'altro il bianco dell'acqua cristallina che rigenera.
E' un filo che si può tagliare spesso nella nostra vita, si taglia il filo con persone amate, con il lavoro, con la nostra storia, ma quando tagliamo la cima di questo filo, quell'apice che parte dal nostro cuore, tranciamo non solo le redini del nostro mondo ma recidiamo il filo del perdono che ci lega a Dio e a noi stessi.
Dio non fa lavori approssimativi, come un meccanico o un idraulico con poca passione, Dio è il medico che dona vita, egli prende la cima recisa del nostro filo e come un cordone in una nuova placenta lo riplasma in noi.
Dio ci dà la possibilità di guardarci innumerevoli volte con occhi benevoli e compassionevoli e non di rimprovero e risentimento, aprendoci alla sua fonte inesauribile d'amore osiamo dirci:

                                       " VAI BENE COSÌ COME SEI"


mercoledì 8 aprile 2015

La Parola





Le Parole sono vive, prendono la forma di chi le usa, possono incoraggiare, motivare, ferire, oltraggiare.
Le parole di oggi si divertono ad umiliare, insultano alcune volte deprimono, cioè ti portano sempre più in basso dove non c'è più luce per te.
Ho sempre considerato la parola singolarmente, sia quella a cui mi vincolavo come promessa, sia quella che utilizzavo per ferire, le frasi hanno sempre avuto per me un effetto depotenziato, quasi uno stare a galla nella società (qualcosa si deve pur dire), ma nei momenti più importanti o dolorosi della mia vita, o sono stato in silenzio o ricordo di aver utilizzato un paio di parole al massimo.
Umilmente sto al passo con i tempi, ma la parola è già un fertile argomento trattato da fonti autorevoli, recentemente Z. Bauman e C Bordoni nel loro "Stato di crisi", come nella prossima Biennale a Venezia il padiglione del Vaticano esporrà il tema dell'incipit di Giovanni e quindi del Logos.
Io ne parlo a modo mio.
Nel Bene e nel Male , il Dio cristiano è un Dio del nascondimento e la sua parola si rivela quando noi stiamo in silenzio.
E' la parola del creato, delle altre anime, è la parola di ciò che Dio ha in serbo per noi.
Ha una voce che si sente nel silenzio, è una parola che manca anche se non ne abbiamo mai sentito il sapore, come il basso in un concerto, lo noti se manca o se sai come suona.
E' una parola viva, una parola d'Eros, che avvicina al mondo, agli altri, non è la frase gettata nelle discussioni nelle famiglie o tra presbiteri, in case e comunità religiose che paiono catacombe.
E' una parola d'amore, che trasporta gioia.
Se è una parola triste, Dio sta seduto a tavola ad aspettare che ci svegliamo dal nostro hikikomori di preghiera distaccata.
Non ci innamoriamo del Cristo negli altri, ma lo idealizziamo o ne proiettiamo un'immagine distorta sulle altre persone creando un amorfo e sudicio posticcio delle nostre paure e ossessioni.
Siamo al varco di noi stessi, la parola sta un pò dentro e un pò fuori da noi, se non usciamo da noi stessi, lasciando un pò affamato il nostro Io, nell'altro vediamo solo ciò che potrebbe renderlo meno difettoso ai nostri occhi o altrimenti un grande uomo da adorare.
Ma se ci lasciamo accompagnare dalla nostra " Maddalena" interiore che sa vedere prima di tutti, la parola si fa carne, o meglio si fa altro, si fa Cristo nell'altro e usciamo dal nostro amato sepolcro Ego.
La Parola di Dio, quindi l'Eucaristia , insieme, in quanto persona e insegnamento non si dividono nella figura di Gesù Cristo, si rivela tossica, da espellere, per quelle anime che non gli fanno posto.
L'Io diventa il grande vitello d'oro ebreo di questi tempi...
E se impera l'IO non esiste più DIO.