giovedì 22 novembre 2018
Mastering the Filth of Imperfection
Oggi mi trovavo al Festival di Arte e Robotica allestito in un suggestivo luogo " la Centrale idrodinamica" nel Porto Vecchio di Trieste.
La foto che mi ritrae potrebbe benissimo essere utilizzata in un B-movie dove una rozza Intelligenza Artificiale mi tiene sotto torchio.
In effetti mi son sentito un po' così.
Spiego brevemente la dinamica:
Azionata una piccola leva meccanica, una telecamera collegata ad un braccio meccanizzato, registra il viso della persona di fronte e attraverso un software partendo da un algoritmo lo disegna in modo accurato sul foglio appoggiato su di un tavolo da Artista rivolto al pubblico.
Io mi siedo tutto beato, cogliendo già la vanità di un ottimo risultato ormai certo.
Nel frattempo, con un leggero disagio, mi accorgo che la telecamera si muove scrupolosamente tra il foglio e la mia faccia, imitando alla perfezione il calcolo artistico della pennellata rivolgendo con sempre più attenzione, il suo globo oculare ai miei connotati.
Riconosco in me una certa impazienza in quanto la mia audacia nell'approfittare del cyber/ritrattista si sta rivelando una vera e propria sessione di immobilismo facciale che dura da più di 10 minuti, chi è con me mi abbandona e continua a guardare la mostra.
Ad un certo punto sono scambiato perfino per l'artista e la mia diventa quasi una performance in cui canzono alcuni amici artisti presenti lodando le capacità lavorative della macchina, a loro non resta che manifestare con Tazebao "Prima gli artisti umani".
Poi l'imprevedibile,..
Una simpatica ragazza si avvicina, come da copione mi guarda credendomi parte dell'installazione, poi chiede:
" Ma sta disegnando te?"
e io...
" Si certo, guarda come sta uscendo bene..i ritratti non si potranno portare via ma andranno a costituire la personale mostra dell'artista (mumble..tutto il mondo vedrà la mia faccia e potrò dire si! sono IO..mumble).
La simpatica ragazza non mi ascolta già più, si avvicina, si mette dietro di me e osserva la telecamera....
Anche la telecamera osserva lei...
Avete gia capito.
Il nostro piccolo, artistico braccio robotico comincia a sovrascrivere sul mio quasi ultimato e perfetto ritratto il sorriso della ragazza che dato che non posso muovere un muscolo immagino stampato sul suo volto.
Per un attimo penso che in preda ad un parossistico algoritmo di estro il coso stia disegnando la mia barba.
E' invece uno scarabocchio che cancella completamente il disegno dal naso in giù.
La signorina bofonchia qualcosa e Sparisce, si Sparisce..non la troverò più in nessuna delle altre sale.
Dopo un attimo di sconcerto, mi sento come quando si rompe un tubo in casa e passa per la tua mente quel momento di ingenua e patetica illusione di poter risolvere qualcosa.
POI STACCHI TUTTO L'IMPIANTO IDRAULICO.
Io ho staccato il culo dalla sedia e me ne sono andato.
Con questa storiella volevo solo dire che uscito dal festival ho riflettuto su tutto quello che mi è successo e ho pensato che le paure che abbiamo nei confronti della tecnologia sono probabilmente dovute ad una eccessiva ansia di prestazione nel fare le cose in modo perfetto e in questa gara probabilmente alcune volte vinceremo, altre volte no, alcune volte sentiremo di più la fatica altre volte lavoreremo come automi.
Ciò che invece mi insegna la psicoterapia e ciò che penso sia una vera e propria " Skill" psicologica è " PADRONEGGIARE LA SPORCIZIA":
Occorre lavorare, vivere,resistere quando la situazione in cui ci troviamo ci si presenta sporca, imperfetta , in toni di colore non piacevoli, smorta in contatto con le altre persone.
Ill nostro compito non sarà quello di rimuoverla con una secchiata d'acqua ma di difenderla da lavaggi troppo usuranti tutelando la sua esistenza perché il troppo candore non diventi asetticità.
Dobbiamo scavare più a fondo!
In effetti, verità per verità i tesori più preziosi stanno nei posti più nascosti, alcune volte nei pertugi più raccapriccianti , il segreto sta nel farsi accompagnare negli abissi e risalire in superficie dove possiamo sciacquare con l'acqua fresca del contatto con gli altri quel piccolo nostro " bene", senza perderlo a causa di un getto enorme di scintillante solitudine troppo violenta.
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